martedì 26 ottobre 2010

Economia nel Villaggio Globale

Non esiste lotta politica che non inglobi la sfera economica, che non ponga in essere la stessa istanza economica come base stessa di un radicale cambiamento oltre che della stessa economia anche e soprattutto  dell'agire e del vivere sociale.
Oggi l'economia è realmente lo strumento del vivere sociale. Oggi l'economia è realmente lo strumento che
direziona e asservisce la nostra esistenza ai voleri del capitale.
Senza dilungarci oltre il necessario parleremo sommariamente di ciò che si sta perpetrando in Italia ed in Europa da parte delle potenze capitaliste, anche grazie naturalmente alla complicità dei vari servi di turno che rispondono al nome di Sindacati, sinistra no global o radical chic e teleinformazione in generale.
Nell'anno di grazia 2010 siamo giunti non solo in Europa ma nel mondo ad una reale e manifesta saturazione dei mercati mondiali,  in sostanza, la produzione di manufatti o merci che dir si voglia supera di gran lunga la domanda di mercato, in definitiva la produzione supera il consumo.
Ora in tale contesto subentra una problematica ambivalente, e cioè la concorrenza che i vari capitalismi mondiali per non soccombere l'uno davanti all'altro sono "costretti" a porre in atto per mantenere o scalare l'egemonia economica.
Per vincere tale battaglia il capitale ha storicamente dimostrato che il rimedio da applicare a proprio vantaggio è solamente uno "l'accrescimento del plus valore", o meglio l'aumento della produzione (e quindi della vendita) abbassando però drasticamente i costi di produzione, la via più veloce per farlo è dimezzare o quasi il pagamento dei salari.
In tale modo i vari monopoli capitalisti tentano di prevalere, in regime di forte competitività, uno sull'altro.

Quindi per il capitale sorge un annoso problema che lo attanaglia in modo avvolgente. Se aumenta la poduzione di beni (molti più di prima) e contemporaneamente il corrispettivo dei salari diminuisce, chi potrà acquistarli sul suolo nazionale, ove si applica tale metodologia economica?
Una prima rapida soluzione consiste nell'invadere di merci invendute gli altri mercati "vergini"o non ancora "occupati" da altri produttori, in tal maniera si crea l'opportunità di prendere "due piccioni con una fava",infatti delocalizzando i propi impianti produttivi, in zone meno economicamente sviluppate, il costo del lavoro (e quindi di produzione) scende vertiginosamente. E' così che si pone in essere la base economica per combattere la concorrenza di mercato; riduzione drastica dei costi di produzione (attraverso salari da fame, sfruttamento della manodopera) "invasione" di mercati esteri con i propi prodotti.
A questo punto un quesito risulta ancora insoluto, che pone una unica condizione per il suo aggiramento. Il problema si chiama saturazione, e la sua soluzione si chiama guerra!
Infatti i criteri di produzione e di sfruttamento, pocanzi descritti, ritardano ma non scongiurano la saturazione di mercato a livello globale.
Si produce ma non si riesce a vendere, i nuovi mercati sono ormai stati tutti egemonizzati e invasi da merci e i loro lavoratori resi dei salariati sottopagati, in sintesi, come uscire da tale stallo?
Come far si che un monopolio ceda la sua egemonia di mercato ad un altro monopolio?
Forse facendo genuflessioni e lanciando petali di rose e intonando litanie fascinose e suadenti?
No, esiste un solo mezzo atto alla soluzione di questo annoso problema, strettamente connaturato alla natura stessa del capitale, il suo nome è guerra!
Iraq la guerra del petrolio, come esempio calza a pennello.
L'America, la Cina, l'India e l'Europa (che tenta di sganciarsi dal dollaro) sono oggi in totale contrapposizione ed i parametri che stanno adottando sono quelli che sono stati pocanzi descritti, la tanto decantata competitività del mercato opera in tali forme e inevitabilmente genera povertà, carestie e guerre.
E' evidente, e gli esempi non mancano, lo squallido ricatto della FIAT e Marchionne di delocalizzare la produzione automobilistica in Serbia (dove, lo ricordiamo, il salario medio è di 300 euro) se i lavoratori non avessero accettato le nuove restrizioni contrattuali e retributive.
Con questa criminale minaccia padri di famiglia, presi alla gola, sono stati costretti a chinare il capo innanzi all'arrogante potere del capitalismo.

Ed allora che altro dire...
Una Lotta Politica come noi la intendiamo deve essere assolutamente contro ogni forma di riformismo garantista  nei confronti del capitalismo, il quale non è una utopia romantica di stampo ottocentesco ma altresì è fredda e nuda e cruda aderenza alle leggi economiche e scentifiche sulle quali è nato, sulle quali poggia, e sempre sulle quali egli si sviluppa e si instaura.
Non esiste un capitalismo dal volto umano, e neanche esistono leggi protezionistiche che possono attenuare una realtà dinamica e concreta come il capitalismo.
I lavoratori, i disoccupati e sottopagati con tutti i precari di ogni settore economico debbono porre in essere trà loro la nascita di una nuova coscienza rivoluzionaria rispetto all'ordine economico dominante, e devono inevitabilmente creare un nuovo movimento rivoluzionario che ponga come dogma indissolubile una basilare e imprescindibile rivendicazione :
la distruzione del capitale e di tutta la sua logica perversa, chi produce con le propie mani e con il suo intelletto beni ,manufatti, servizi i quali successivamente entreranno a far parte della stessa vita di una comunità nazionale, devono essere non i servi salariati docili ed obbedienti del ciclo produttivo, ma al contrario i produttori (visto che realmente lo sono) ed i propietari, tramite il proprio lavoro, della loro vita e della loro nazione alla quale appartengono visto che sono loro e soltanto loro che la mettono in moto e la fanno funzionare.

Concludendo vorrei usare una citazione proprio del Massone Piduista Berlusconi, il quale a più riprese ha affermato che l'Italia è una azienda (affermazione che noi non condividiamo, non potendo la Patria nella sua sacralità, essere abbassata al rango di un organismo economico) e che di conseguenza và trattata come tale, lasciandola in mano a chi è capace di farlo. Se così è, l'Italia và messa nelle mani di chi produce non di chi specula sullo sfruttamento del lavoro altrui, e grazie alla richezza da questi prodotta impingua di continuo le propie tasche privatizzando i guadagni e socializzando le perdite!

Avanti lavoratori produttori e combattenti dell'idea,
avanti uniamoci ed organizziamoci con un progetto politico radicale autocapitalista e Rivoluzionario!!

martedì 5 ottobre 2010

STOP AL PRECARIATO

Il lavoro temporaneo, il lavoro flessibile..LA PRECARIETA' hanno fatto altre 2 vittime..A Brindisi e Palermo il dramma del PRECARIATO ha prodotto, non sicurezza, non tranquillità...ma ORRORE e SOFFERENZA..un uomo di 38 anni, laureato in economia e commercio, si è ucciso gettandosi da un treno in corsa, mentre un uomo di 51 anni, padre di 4 bambini, precario della scuola, ha minacciato di buttarsi dal 4 piano della sede dell'ufficio scolastico provinciale quando ha realizzato che per quest'anno non sarebbe riuscito ad avere un incarico.
Ringraziamo la legge 196/97 (Pacchetto Treu), creata apposta per poter speculare sui bisogni dei lavoratori, trattati come oggetti e merci!!


BASTA CON QUESTO SCEMPIO!!!!

BISOGNA CANCELLARE LA FLESSIBILITA' NEL MONDO DEL LAVORO E CHIUDERE TUTTE LE AGENZIE PER IL LAVORO!!!

DAI UN CALCIO AD INERZIA ED APATIA!DIFENDI I TUI DIRITTI!!